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Il Sempione non esiste!

Monologo

In rappresentazione presso il Museo del Sempione di Domodossola.

 

Il viaggio di andata da Domodossola a Briga.

Il testo narra attraverso le parole della tris nipote/attrice di un uomo che ha lavorato alla realizzazione del traforo del Sempione, inaugurato nel 1906. Il personaggio racconta i motivi per cui il governo italiano e quello svizzero stipularono il Trattato per costruzione e l'utilizzo di una ferrovia fra Briga e Domodossola, le gesta dei lavoratori con le loro quotidiane sofferenze e sorrisi, gioie e lacrime, il valore di un'opera così imponente che ha permesso ai popoli europei non solo di viaggiare e trasportare merci più facilmente, ma anche di comunicare le proprie idee e la propria cultura. La storia del traforo, tramandato dal trisavolo in generazione famigliare in generazione, è arrivato sino ai giorni nostri e la tris nipote è l'ultima custode di questa narrazione orale e vuole proseguire questa tradizione, valicando però i confini della sua famiglia per offrirla ai visitatori del Museo Sempioniano. Perché l'abbattimento di un confine materiale porta certo ad allargare i propri limiti di azione e ma anche a condividere e confrontarsi con le idee dell'altro, dando così una notevole spinta non solo commerciale ma anche, e soprattutto, culturale per permettere ai popoli di rapportare la propria cultura con altre e trarne una sorta di linfa culturale vitale. La tris nipote, supportata dall'apparato didattico e iconografico presente nelle sale del museo, narra quindi la vita lavorativa del trisavolo, le vicende storiche realmente accadute e gli aneddoti reali quotidiani ma anche di finzione.

Ma il Sempione non è solo il traforo.

Il viaggio di ritorno da Briga a Domodossola. Il personaggio, partendo dalle origini romane, percorre la storia delle vicende che hanno portato alla costruzione prima della mulattiera (“Le Alpi non esistono più!”, questa frase fu detta a Napoleone nel 1805 quando fu terminata la realizzazione della strada del Passo del Sempione, voluta, ma mai percorsa, dall'Imperatore), in seguito trasformata in strada carrozzabile e infine in strada che oggi percorriamo. Questo percorso che si snoda sinuoso sulle pendici è stata descritta dal poeta danese Ingemann come “la grande strada attraverso le nuvole”. Le stesse nuvole respirate dall'aviatore peruviano Geo Chavez quando per primo, ha attraversato le Alpi con un monoplano Blériot. La narrazione poi racconterà il periodo del Grand Tour quando gli scrittori e i letterati di tutta Europa hanno percorso la strada attraverso le nuvole, come ad esempio lo scrittore Andersen che descrisse la sua vettura come una mosca su un'imponente parete di sasso che viaggia attraverso la spina dorsale della terra.

Perito Moreno

Monologo

In via di rappresentazione.

 

Il monologo narra del viaggio in solitudine della protagonista nel Sud dell'Argentina. Di fronte al ghiacciaio Perito Moreno, all'alba di un giorno nuovo, la protagonista prende coscienza che quello che sta compiendo non è solo uno spostamento fisico, ma è anche una trasformazione che reca con sé il travaglio interiore che la sta conducendo a una nuova consapevolezza. La protagonista dopo aver deciso di affrontare un'esperienza a lei sconosciuta, è conscia che aver compiuto la scelta di partire significa aver costruito un'infinita possibilità di scelte, tutte scartate, ma in parte recuperate dalla sua fantasia che le ha permesso di inventarsi una serie di piccole storie di ciò che sarebbe stata. Le sue certezze routinarie, insoddisfacenti per lei, creano per lei la situazione del criceto che, in gabbia, corre freneticamente sulla sua ruota senza arrivare mai da nessuna parte. Il divano-rifugio di casa, compagno di noia giorno dopo giorno, viene finalmente abbandonato. I pensieri 'turchini' della protagonista fanno scomparire il divano che cancella anche tutti gli oggetti feticci ai quali lei si era aggrappata. Come il Perito Moreno, unico ghiacciaio al mondo che, continuando ad avanzare, allo stesso tempo perde pezzi di ghiaccio che si staccano dalle pareti precipitando in acqua, anche la protagonista abbandona parte di se stessa per abbracciare una nuova visione di sé.

 

«Ma ora, che mi sono specchiata nel ghiaccio turchino del Perito Moreno, sono diversa, cambiata o almeno così mi sembra. Così mi sento. E così voglio essere.» 

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